Come smaltire il “mare” di acqua dell’industria ittica

La produzione e il consumo di pesce, sia in Italia che nel resto del mondo, è in costante aumento. Il settore ittico ha raggiunto il record dei 20,5 chilogrammi pro capite all’anno, ma il numero è destinato a crescere ulteriormente nel prossimo decennio. L’ultimo rapporto della FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations) ci svela che la produzione ittica globale raggiungerà nel 2030 i 204 milioni di tonnellate, segnando un incremento del 15% rispetto al 2018. Sono più di 4 milioni i pescherecci nel mondo impiegati in mare, mentre l’acquacoltura, ossia la pesca d’allevamento, ha raggiunto il massimo storico di 82,1 milioni di tonnellate. In Europa, Spagna, Italia e Francia sono i primi tre consumatori, accaparrandosi insieme quasi l’80% del volume totale di pesce fresco e surgelato consumato dalle famiglie. Per soddisfare la domanda di mercato in costante aumento il settore ittico, però, non è chiamato a garantire solo gli elevati volumi di pesca. La tracciabilità e le rigide regole sanitarie impongono agli operatori standard igienici ai massimi livelli, contro i rischi sia chimici che biologici a cui è esposto il prodotto prima di arrivare in pescheria.

L’acqua nell’industria ittica: da fonte di vita a fonte di pericoli igienici

Nell’industria ittica la portata di utilizzo dell’acqua potabile varia, a seconda della lavorazione, dai 2 ai 12 metri cubi d’acqua per ogni tonnellata di pesce. A questi vanno aggiunti anche i litri impiegati nelle operazioni di pulizia quotidiana degli ambienti di lavoro destinati alla lavorazione del pesce. Come eliminare quindi un quantitativo di acqua così importante? Gli stabilimenti devono essere dotati di adeguati sistemi di drenaggio, con canali e griglie di raccolta in grado di smaltire non solo l’acqua, ma anche i residui e gli scarti delle lavorazioni. I regolamenti sanitari, infatti, impongono al settore precise procedure per scongiurare il rischio della contaminazione chimica e biologica e chiamano in causa non solo il trattamento del pescato, ma anche gli ambienti che entrano in contatto con il prodotto. Tra questi, ricordiamo il protocollo HACCP, introdotto dalla Comunità Europea per garantire la sicurezza alimentare e quindi valido anche per l’industria ittica. Nello specifico, per i prodotti della pesca esiste un vero e proprio “pacchetto igiene” che raccoglie tutti i regolamenti vigenti per il settore. Su questo fronte igienicità e smaltimento delle acque sono strettamente correlati, essendo le acque reflue l’habitat perfetto dei batteri responsabili della contaminazione biologica. Sono, quindi, i sistemi di drenaggio ad assicurare la salubrità negli stabilimenti del settore della pesca.

Ma quale materiale usare? Aisi 304 o Aisi 316: ad ogni acqua il suo acciaio inox

L’utilizzo dell’acciaio inox è importante. Abbiamo già analizzato le differenze tra l’acciaio inox AISI 304 e AISI 316 e sappiamo che la discriminante è la destinazione d’uso del sistema di drenaggio. La variante AISI 304 è solitamente utilizzata nel settore alimentare, governato dalle rigide normative imposte dal protocollo HACCP. Nel caso dell’industria ittica, però, la concentrazione di sale dell’acqua marina esige la tipologia AISI 316, consigliata anche per le strutture a diretto contatto con cloro e acidi. Questa tipologia di acciaio inox, infatti, offre una resistenza sensibilmente maggiore alla corrosione salina, rendendo l’acciaio particolarmente efficace in ambienti con presenza di soluzioni contenenti ioni di cloro, specialmente se stagnanti. Proprio per questo motivo l’AISI 316 è solitamente usato anche nelle applicazioni navali e, più in generale, in tutti i casi di prominenza al mare. Il materiale, però, non è l’unico elemento da considerare quando si progettano sistemi di drenaggio realizzati ad hoc per l’industria ittica. Anche le caratteristiche interne di canali e chiusini devono corrispondere a precise esigenze di pulizia e igienizzazione.

Scarti e residui di lavorazione, un problema non facile da smaltire

Dove finiscono gli scarti quando il pesce viene lavorato negli stabilimenti dell’industria ittica? La pulizia delle aree di lavoro spazza via un considerevole quantitativo di residui che, assieme all’acqua, raggiunge in fretta i chiusini del sistema di drenaggio applicato nella pavimentazione. La loro corsa verso i punti di scolo, però, può arrestarsi prima del traguardo, diventando così fonte di batteri e virus da contaminazione. Ecco perchè è importante pulire frequentemente e in profondità sia le canalette che i chiusini di raccolta, meglio se “aiutati” dal cestello estraibile, di cui sono dotate tutte le linee Inoxsystem®. La nuova linea Inoxsystem® Total Hygienic offre inoltre la possibilità di rimuovere, oltre al cestello, anche tutte le parti interne. Come ad esempio il sifone antiodore, offrendo la possibilità di scegliere tra il tubo estraibile e la tazza estraibile, entrambi studiati per offrire eccellenti prestazioni anti-batteriche.

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